La mamma parla sempre male del papà ai figli e loro ripetono tutto a pappagallo? Non vogliono più vedere il padre? Viceversa: il papà cerca di allontanare i figli dalla madre mettendola in cattiva luce o raccontando loro episodi privati e magari anche falsi? Si tratta di comportamenti non solo dannosi per i bambini, ma da qualche anno anche di reati punibiili per legge. Per questo è stata coniata una nuova definizione, la “sindrome di alienazione parentale” (Pas, sigla dal termine in inglese Parental Alienation Syndrome). La sindome si verifica quando un genitore (alienante) mettere in cattiva luce l’altro genitore, strumentalizzando il minore.
LA STORIA:
La legge n. 54 del 24 gennaio 2006 ha introdotto in Italia la regola dell’affidamento condiviso dei figli: non esiste un genitore più idoneo ad essere unico affidatario, i genitori sono entrambi necessari ai figli per una crescita armoniosa. La bigenitorialità diventa oltre che un legittimo diritto del genitore anche un “diritto soggettivo del minore”, da collocare nell’ambito dei diritti della personalità.
L’affidamento monogenitoriale resta confinato all’ipotesi residuale in cui il giudice “ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore” (art. 155 bis c.c.). Per entrambi i genitori la presenza nella vita dei figli non è più una facoltà che si può non esercitare o di cui si può privare l’altro, ma un diritto-dovere, per il quale è prevista una tutela. Impedire o ostacolare tale rapporto non può che avere effetti deleteri non solo sul piano psicologico ma anche sul piano della formazione personale dei figli.
Il genitore affidatario che viola quanto sancito dal provvedimento civile “è punito con la pena della reclusione fino a 3 anni o della multa da 103,00 euro a 1.032,00 euro’’. E’ considerata elusione dell’esecuzione del provvedimento giurisdizionale anche la mancata ottemperanza al provvedimento stesso.
La condotta elusiva può quindi consistere anche in una condotta non collaborativa o omissiva che vanifica ingiustamente le pretese e le aspettative dell’altra persona, cioè il genitore non affidatario o non convivente con il minore. Perché si realizzi la fattispecie di reato è necessario sia il presupposto materiale rappresentato dalla violazione o elusione di un provvedimento civile, sia il presupposto psicologico caratterizzato dal dolo generico inteso come coscienza e volontà di disobbedire e trasgredire il precetto di legge.
La resistenza del minore nei confronti dell’altro genitore può essere indice evidente di una Pas esercitata dal genitore affidatario, in quanto il genitore collocatario deve avere un comportamento attivo volto a favorire il rapporto con l’altro genitore.
In un settore così importante come quello della tutela dei minori, dei loro diritti e interessi, primo tra tutti il loro diritto alla bigenitorialità, il richiamo a fenomeni come la Pas non può essere utilizzato quale escamotage per provvedimenti così rilevanti come l’affidamento esclusivo o l’allontanamento da una delle due figure genitoriali.
LA SENTENZA:
Stabilisce la Cassazione (sentenza n. 6919 /2016 della prima sezione civile dell’8 aprile 2016 ) che non compete alla corte dare giudizi sulla validità o invalidità delle teorie scientifiche sulla Pas, ma spetta ai giudici capire e adeguatamente motivare sulle ragioni dell’ostinato rifiuto del genitore da parte della prole, utilizzando i comuni mezzi di prova tipici e specifici della materia – incluso l’ascolto del minore – qualora un genitore denunci comportamenti ostativi dell’altro genitore affidatario o collocatario, che provocano l’allontanamento morale e materiale della prole da sé.
Il Tribunale di Milano ha stabilito che l’alienazione genitoriale è un grave illecito civile (IX civ., decreto 9 – 11 marzo 2017, Pres. Amato, est. Buffone), e probabilmente anche con connotazioni penali, perché consiste nella condotta finalizzata alla cancellazione, rimozione, demolizione di un genitore, quasi sempre compiuto dall’altro genitore (non mancando pure i casi di alienazione verso un nonno o entrambi i nonni, o da un nonno o dai nonni). In caso di “boicottaggio”, scatta quindi la sanzione del risarcimento del danno in favore del genitore “alienato” (ex articolo 709-ter del Codice di procedura civile).
IL CASO:
I giudici di Milano, dopo aver accertato l’alienazione genitoriale compiuta da una madre in danno della figlia e del padre, decidono la “limitazione della responsabilità genitoriale quanto alle decisioni di maggior interesse”, rigettano il ricorso della madre e la condannano per abuso del processo, riconoscendo pure “un danno in capo al padre: lo stress che accusa è legato alla privazione del rapporto”. Il tribunale non affida la figlia al padre solo perché ora soggetto fragile (“accusa una fragilità emotiva su cui deve intervenire”) ed anche perché la figlia oggi non sarebbe pronta ad “accoglierlo” (“e, inoltre, la bambina al momento non ha superato la condizione di disagio in cui versa e per la quale lo rifiuta”). Tuttavia, “la bambina deve essere immediatamente accompagnata in un supporto terapeutico. Se la situazione, nonostante gli interventi attuati sarà in stallo e non mostrerà una evoluzione positiva (…) l’Ente a questo punto dovrà prendere in considerazione un diverso collocamento della bambina”. Il Tribunale di Roma statuisce: “È preciso onere di ogni genitore attivarsi per recuperare e mantenere l’immagine dell’altro genitore nei confronti del figlio” (sentenza 18799/2016, emessa dal Tribunale di Roma, sezione Prima, in data 11 ottobre 2016).